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La storia di Doina

 

testimonianze doinaMi chiamo Doina e il mio incontro con Mr Parki risale a 7 anni fa. Era il 15 agosto del 2017 e stavo rilassata sul divano quando comincia una specie di tremarella alla gamba sinistra.

Dato che mio papà aveva avuto il Parkinson sapevo già molte cose sulla malattia. Sapevo anche dei 10 segni premonitori e alcuni in modo velato li avevo già notati, tipo anosmia e rallentamento del braccio sinistro nel compiere certi movimenti.
Così ho iniziato le visite con i neurologi, però nessuno mi parlava della malattia, nonostante la familiarità e il tremore della gamba abbastanza evidente.
Nel frattempo, avevo conosciuto il mio attuale compagno. Eravamo anime gemelle, io ero felice e mi domandavo dove stava l’inghippo, perché da persona non molto ottimista, mi sembrava troppo bello.
Così, per “sicurezza”, decido di fare una visita al CTO centro Parkinson. E la diagnosi, con ulteriore DAT-SCAN non lascia dubbi. Ecco l’inghippo.

Nel mio subconscio il tarlo c’era, quasi un’aspettativa, per cui alla fine l’ho presa abbastanza bene.
Ho cominciato le terapie, ho partecipato a convegni e conferenze sul tema.
Mi ha aiutato molto la partecipazione a un evento creato dalla Fondazione Limpe-Dismov, a Roma. Là ho incontrato delle persone con vari stadi della malattia. Ed anche giovani, che avevano un grande ottimismo. E io mi sono detta che i 67 anni e un po' di tremarella alla gamba sinistra non mi danno il diritto di piangermi addosso.

Sono passati 7 anni, la malattia è andata avanti per fortuna a piccoli passi. Una volta all’anno faccio “Il percorso Parkinson” all’ospedale Golgi-Redaelli, partecipo alle iniziative dell’APM Lombardia, vado ai concerti e la musica mi toglie la tremarella. Certamente non è tutto “rose e fiori”, ho momenti di grande ansia e devo aiutarmi con un farmaco, spero che il futuro non mi riservi un decadimento cognitivo pesante.

Il mio compagno mi è ancora vicino, partecipa insieme a me a qualsiasi evento o conferenza, mi sprona a essere ottimista e mi sgrida quando sto per “gettare la spugna”.
Spero che il mio Parki sia benevolo e mi lasci ancora fare le cose che desidero.

Un mio piccolo consiglio: non nascondete la malattia e i suoi disturbi e i vostri limiti, l’interlocutore ve ne sarà grato.

La storia di Bruno

 

Siamo nel novembre del 2018, da qualche mese avvertivo un leggero tremore alla mano sinistra quando la muovevo, ma non sempre; pensavo potesse dipendere da un po’ di stress dovuto ai troppi impegni lavorativi.

Mia moglie si accorse che durante la giornata rallentavo i movimenti e mostravo un leggero tremore e si ricordò che anche mia madre, morta a 85 anni, accusava un tremore alla mano sinistra. Un po’ preoccupato, mi recai dal mio medico che mi consigliò una visita neurologica.

Con la prescrizione del medico, telefonai all’azienda sociosanitaria della regione Lombardia per fissare una visita neurologica; mi fu assegnata la dottoressa Genitrini Silvia, dopo circa trenta giorni, al Fatebenefratelli –Sacco.

Il giorno dell’incontro ero un po’ teso e preoccupato; la dottoressa fu gentilissima e mi fece sentire a mio agio.
Però quando, dopo i controlli di rito, mi disse: ”lei probabilmente ha il morbo di Parkinson allo stato iniziale, ma è necessario effettuare ulteriori controlli per esserne certi”, credo di essere sbiancato in volto e rimasi ammutolito difronte ad una sentenza che per me era come una condanna a morte.

“Disturbo degenerativo a lungo termine del sistema nervoso centrale che colpisce principalmente il sistema motorio”.
Questa è una delle tante definizioni trovate su internet che non prefigura un’avvenire roseo, ma in mio soccorso venne la competenza e l’esperienza della dottoressa Silvia Genitrini, che, con semplicità e convinzione, mi informò che la ricerca nel settore farmaceutico aveva fatto, negli ultimi anni, passi in avanti e che potevamo rallentare il decorso della malattia fino a renderla quasi accettabile. Ho provato diversi farmaci con vari dosaggi, fino a raggiungere l’attuale situazione, abbastanza stabile.

Purtroppo la malattia, anche se non percettibile all'esterno, tendeva ad isolarmi per timore del giudizio della gente. Qualche mese fa, mia nuora, mi parlò di una sua cliente, che partecipava con molta soddisfazione a dei corsi specifici per parkinsoniani, presso l'APM di via Vincenzo Monti.

Sollecitato, anche da mia moglie, visitai l'APM nello scorso mese di novembre e mi iscrissi ai corsi di QI Gong, AFA (Attività Fisica Adattata), Tono e sperimentazione vocale, che si tengono in via Leopardi. Per me è stata una vera manna dal cielo. Qui ho trovato una comunità aperta e disposta ad accoglierti senza pregiudizi, insegnanti pronti ad ascoltarti ed attività fisiche idonee a mitigare i tuoi problemi.
Mi scuso per il mio italiano, ma sono un tecnico cartaio più abituato a maneggiare la cellulosa che le parole.
Un abbraccio
B B

 

Le storie scritte da noi

 


generica02Ambrogio è persona socievole, riservata, che sa mantenere un buon rapporto interpersonale. Per oltre 50 anni ha operato nel settore del Credito, prima quale Funzionario presso primari Istituti di credito e poi in veste di Consulente Finanziario. La Malattia di Parkinson è stata diagnosticata dopo un lungo periodo (circa 25 anni) durante il quale erano presenti sintomi premonitori, quali disturbi del sonno in fase REM e lieve OSAS (apnee ostruttive)
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La differenza fra Tremore Essenziale e MdP Andrea l’ha presto imparata a sue spese. Ora si trova ancora nella “Luna di Miele” della malattia ma è già diventato un esperto conoscitore della patologia.
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Impiegata alle Poste, Annamaria è stata curata per periartrite e solo in un secondo momento avvenne la diagnosi di Parkinson. La malattia per dieci anni è rimasta silente, poi si è scatenata procurando frequenti movimenti involontari ed uno sguardo sofferente. La DBS (deep brain stimulation) ha migliorato la qualità della vita.
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Singolare la storia di Barbara, degli USA, che molti anni fa venne in Italia per una vacanza e non lasciò più il nostro paese, tanto ne fu innamorata. Il “compagno P” colpì la nonna e – con un salto generazionale – ha visitato anche Barbara.
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Bruno ci racconta che nel novembre del 2018 iniziò a sentire un leggero tremore alla mano sinistra; pensava potesse dipendere da un po’ di stress dovuto ai troppi impegni lavorativi.
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Carla non è una persona ottimista e non si ritrova nelle testimonianze di chi dice la vita continua, che si deve combattere per non darla vinta alla malattia. Sfiduciata dal Sistema Sanitario, ha trovato in APM un aiuto per contrastare gli atteggiamenti di chiusura che faciliterebbero la veloce progressione della malattia

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Abile velista, Carlo Alberto – dopo la brillante carriera in una Società di consulenza fra le più prestigiose e grandi al mondo - attraversa l’oceano in barca vela non ostante sia portatore della MdP, come a negare la diffusa convinzione che il parkinsoniano si isola chiudendosi nel suo “guscio”.
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Carolina diciassette anni fa si è diagnostica la malattia da sé: osservando in televisione Papa Giovanni II e confrontando i rispettivi sintomi, concluse con una autodiagnosi, poi confermata dal neurologo. Una donna di forte temperamento, sempre entusiasta ed ottimista.
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La prima diagnosi fu “sindrome extra-piramidale, da trattare con miorilassanti”. E’ seguito un periodo di peregrinazioni fra diversi Specialisti. Solo due anni dopo Claudia ha potuto avere la “sua” diagnosi: affetta da malattia di Parkinson.
Il suo motto è: convive con la patologia, vivendo nel presente senza pensare troppo al futuro.
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Emilio ha trasformato il terrazzo di casa in un orto pensile, dove coltiva ortaggi per il consumo familiare. E’ un modo, fra i tanti, di tenersi occupato divertendosi, senza pensare al compagno ”P”. Il giardinaggio è classificano fra le terapie occupazionali o Ergoterapia (curarsi con la propria attività); per Emilio “orto terapia”.
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generica04Completamente diversa la storia di Franco, affetto della stessa malattia che colpì suo padre, un caso di familiarità. Dopo alcuni anni di buona gestibilità della malattia, improvvisamente il crollo: discinesie, freezing (acinesia paradossa) e cadute. Nella tragedia ha però scoperto il vero significato dell’amore: la sorella (felicemente sposata con figlio) lo cura amorevolmente, è divenuta la sua ombra, sempre al suo fianco in modo discreto ed efficace, un vero caregiver.
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Dopo una intensa vita dedicata al lavoro Gianni, abile artigiano nella lavorazione dell’oro, ha conosciuto la MdP., Inizialmente è stato soggetto di una errata diagnosi, perché erano stati confusi i sintomi della malattia con i postumi di un gravissimo lutto in famiglia.
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Racconta Giuseppe: "E’ accaduto, poi, che circa tre anni fa venni invitato ad una festa privata cui parteciparono circa venti persone e, tra questi un medico che vedendomi camminare, disse a mia moglie di portarmi al più presto da un neurologo"
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Graziella è una persona sensibile, generosa, sempre pronta ad aiutare il prossimo. Scopre il Parkinson casualmente su segnalazione del fisioterapista. Impreca verso la MdP, almeno alla diagnosi, poi la ragione prevale ed accetta di buon grado la malattia. E' amante della buona musica (una preferenza per Mozart).
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Per Lionella l’ottimismo è fondamentale per non cadere in depressione, la socializzazione è un toccasana per la nostra salute, anche se, chi non ti conosce ancora e non conosce il Parkinson, spesso ti guarda e si arrovella a pensare quale sia il tuo problema.
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Una vita di sacrifici hanno reso più accettabile a Lucia la malattia di Parkinson. A soli 16 anni, prima di 6 fratelli, è orfana di madre (deceduta dopo cinque anni di malattia e con la conseguente resezione di un arto inferiore) e deve provvedere alla crescita dei fratellini.
Quando le viene diagnosticata la MdP l’accetta di buon grado, considerandola un fatto grave ma da “archiviare” assieme ad altri difficili momenti della sua vita.
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Anche se molto conosciuta la sua vicenda vale la pena ricordare, in questa nostra raccolta, la storia di Lucilla. Da ballerina alla Scala a Presidente di Parkinson Italia, trascorrendo oltre venti anni della sua vita con la MdP. Donna fuori dal comune, esempio di coraggio e speranza.
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Luigi Maria è persona introversa, riservata, che non manifesta le sue emozioni, ma tuttavia sa mantenere un buon rapporto interpersonale. Appartiene a famiglia “tradizionale” (è il primo maschio fra 12 figli) ha praticato parecchi sport in gioventù. E’ nato a Bari nel 1937 e, da circa 10 anni, gli è stato diagnosticato un Parkinsonismo vascolare dove la causa è una vasculopatia cerebrale.
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Marco, un medico (cardiologo) presso una struttura ospedaliera milanese fa il suo incontro con la MdP e ciò gli cambia la vita: abbandona la professione per dedicare tutte le sue energie alla convivenza col compagno “P”.
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generica06Maria ha svolto il mestiere di cuoca da una vita: per quarant’anni ha prestato la sua attività presso lo stesso ristorante in Milano.
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Maria Paola, abile argomentatrice, è una simpatica signora che ha sempre dovuto "pedalare" per superare gli ostacoli che la vita le ha riservato. Anche per la malattia ha dovuto soffrire: i medici hanno curato per molti anni una "emicrania vertebro-basilare" e dopo ben 17 anni, nel 2000, le viene diagnosticata la MdP, per l'insorgere del tremore alla gamba sinistra. Ecco un altro esempio di diagnosi ritardata.
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Marina è una simpatica signora, elegante e con atteggiamenti signorili che per un decennio ha svolto volontariato presso l’Istituto Neurologico “Carlo Besta” intrattenendo i bambini ricoverati.
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Mario ha compiuto 74 anni, è tarchiato, di statura media, in sovrappeso; figura tipica dell’italiano meridionale trapiantato al Nord Italia nel periodo del boom economico.
Personaggio tenace, curioso, intraprendente. Per saperne di più sulla sua patologia ha consultato diversi medici ottenendo, la conferma della diagnosi di Parkinsonismo vascolare.
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Una terapista della riabilitazione, Palma, scopre la malattia con una autodiagnosi mentre esegue un esercizio di riabilitazione con un paziente parkinsoniano. Rifiuta la realtà e tiene la notizia segreta rifiutando anche una visita dal neurologo, ma – un giorno – il figlio scopre ...
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Con il cuore in mano, così potremmo descrivere in sintesi la vita di Pino. Ha maturato una vasta “esperienza di umanità” in 40 anni di pratica cardiochirurgica.
La malattia fa nascere in lui una improvvisa vena artistica. E’ noto che la dopamina è coinvolta nei processi emozionali del piacere e della ricompensa e, secondo i ricercatori, i farmaci per trattare la MdP mimano nel cervello l’azione della dopamina.
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Mi sarebbe piaciuto che fosse stato lui, in prima persona, a raccontare la sua storia di malattia ma, date le condizioni attuali, sono io a parlarvi di mio marito. Con queste parole Liliana, moglie di Pino, inizia a raccontare l’esperienza di malattia di suo marito. Diagnosticata la malattia come “parkinsonismo” Liliana e suo marito sono alla ricerca di una terapia che sia realmente efficace contro la malattia.
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generica03Renza è persona molto sensibile, simpatica, gioviale, ciarliera, che sa infondere simpatia già al primo impatto. Ha trascorso la sua vita lavorativa a stretto contatto con bambini, essendo stata maestra elementare.
"Frittata col Parkinson" potremmo definire l'autodiagnosi della malattia da parte di Renza.
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Roberto, di robusta corporatura, milanese DOC ha lavorato come artigiano della tappezzeria per 60 anni; i primi 17 li ha passati "a bottega" dove ha "rubato il mestiere." La malattia si è palesata a fine carriera, con classici sintomi motori, come crampi mattutini, affaticamento, micrografia, lentezza nei movimenti.
La causa scatenante della malattia sembra essere stata la morte della moglie. Da buon lombardo che guarda in faccia la realtà, considera la MdP un "incidente di percorso", nulla di più. E' in luna di miele che condivide da tre anni con Mr. P.
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Che dire di Romolo, impiegato di banca che nel 2000, all’età di 53 anni, ha incontrato il “compagno P”. Ricoverato nel 2007 per setticemia non riconosciuta da stafilococco aureo (uno dei più pericolosi) delirava, i medici gli diedero 36 ore di vita. I medicinali per il Parkinson avevano perso la loro efficacia. Oggi, Romolo, salta, gioca, corre con il suo adorato Beck’s (Labrador retriever).
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Da tremore essenziale alla diagnosi di Malattia di Parkinson. In questa frase è racchiuso il percorso diagnostico di Sandra, una attraente signora, affabile, gentile e pacata, che sa convivere con la malattia, accettando ciò che la quotidianità le presenta.
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Sonja, finita l’estate, si tiene in forma dedicando da sempre la primissima parte della giornata a esercizi di stretching, yoga, abitudine che ore le è tornata molto utile, dovendo convivere con il Parkinson. Sportiva a tutto tondo, sciatrice infaticabile per anni e anni, ma soprattutto velista o mozzo tuttofare come lei ama definirsi.
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Stefano, milanese, sportivo, classe '59 ci racconta come è cambiata la sua vita con l'arrivo della MdP "... finche’ in un radioso giorno del 2021 e’ successo qualche cosa che non credevo possibile: ho cominciato a convivere con la mia malattia, e abbiamo cominciato a dividerci gli spazi e gli ambiti, le cure e i divertimenti, quali divieti e quali licenze, quando assumere le medicine e quando praticare la fisioterapia. Una nuova esistenza."
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Teresio, un self made man nel vero senso del termine: all’età di 12 anni è rimasto orfano di padre ed è stato costretto a accettare ciò che una “dignitosa povertà ha consentito”. Si diploma Geometra, segue il 15° Corso Allievi Ufficiali di Complemento, diviene Dirigente in una prestigiosa società nazionale e termina la sua carriera professionale come imprenditore e consulente in edilizia. La certezza della diagnosi si è avuta solamente alla quarta visita specialistica, quando Teresio chiede un consulto al luminare di Neurologia di un ospedale di Milano.
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Vieri considera il Parkinson un titolo di onore, una medaglia da appuntare al petto e da mostrare con orgoglio. E' una malattia "nobile" – prosegue Vieri – che prende il nome di un famoso personaggio a differenza delle tante comuni malattie che uniscono il suffisso "... ... ite" al nome dell'organo malato.La "nobiltà" della malattia ha poi un riscontro nei famosi personaggi che ne furono colpiti; dal Papa Giovanni Paolo II a Mao, da Roosevelt al Cardinale Martini. Una singolare angolazione da cui approcciare la MdP!
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Chiudiamo questa carrellata con l’ironica ed ormai famosa “Lettera aperta a Mister Parkinson” scritta da Bruno Lauzi (1937 – 2006) a favore della campagna raccolta fondi per la ricerca sul Parkinson. Lauzi ironizza anche sulla superficialità con cui ha affrontato l’insorgere del male e promette che d’ora in avanti starà più attento ai consigli dei suoi dottori.
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La storia di Carla

 

testimonianze carla

Sono sempre stata una persona attiva, dinamica, con molti interessi, impegnata nel volontariato nei beni culturali.

Dopo la laurea, ho lavorato all’Agenzia delle Entrate occupandomi di contenzioso tributario poi, dopo il pensionamento, mi sono abilitata alla professione di amministratore di condominio per collaborare in questo lavoro con mio figlio che ha aperto un piccolo studio.

Nel 2020 scopro di avere un linfoma e mi viene proposto di partecipare a uno studio sperimentale di un nuovo farmaco chemioterapico che accetto anche per essere utile a chi si ammalerà dopo di me.
Nel corso della chemioterapia avverto fastidi al braccio sinistro che credevo effetto della chemio e che un neurologo consultato attribuiva invece a una sofferenza del nervo ulnare ma che la fisioterapia non attenuava.
Subito dopo la terza vaccinazione Covid comincio a trascinare la gamba sinistra e poi prendo il virus due volte, decido di consultare altra neurologa che diagnostica un Parkinson rigido.

Sono sconvolta anche perché ho un figlio invalido che necessita di cure che non potrò più assicurare.
Mi resterà per sempre il dubbio che il Parkinson mi sia venuto per una sinergia negativa creatasi tra chemioterapici, vaccini e covid.

Mi ritrovo disperata e terrorizzata non per la morte che incombe su tutti, ma per l'evoluzione dell'invalidità che so devastante con perdita autonomia e decadenza cognitiva.

Faccio immediatamente la DAT (disposizioni anticipate trattamento), scrivo alla Associazione Luca Coscioni per il suicidio assistito in Svizzera, visto che da noi siamo indietro anni luce, ma inizio lo stesso a seguire le terapie farmacologiche con levodopa che creano vari problemi ma non mi danno alcun beneficio.

Faccio nuovi consulti e viene ipotizzato il sospetto che io abbia la spaventosa MSA-P (tracheotomia, alimentazione con sondino, ecc) per cui mi sottopongo ad altri esami invasivi che per ora non soddisfano tutti i requisiti per diagnosi differenziale ma che gli specialisti pare attendano manifestarsi a breve.

Verifico con tristezza che l’atteggiamento degli specialisti consultati è tutto concentrato sulla somministrazione di farmaci, che sono poco disponibili al dialogo con gli ammalati e avari di informazioni su attività complementari utili che trovo da sola.

Infatti mentre vengo sottoposta a risonanze, dat scan, pet, scintigrafia miocardia, test cognitivi, etc. cerco di documentarmi leggendo libri sull’argomento tra cui cito quelli nei quali ho maggiormente ritrovato rispondenza con la mia esperienza: …Parkinson Muoversi per stare meglio, L’alba dentro l’imbrunire io e il parkinson una vita a metà e Le guarigioni del cervello.

Mi ha rattristato molto anche l’atteggiamento di familiari e amici che negano evidenza minimizzando sintomatologia o che pronunciano frasi infelici che fanno male per la loro superficialità e mancanza di empatia.

E’ pure stato gravoso l’esborso economico per la necessaria fisioterapia che è solo a pagamento in quanto il sistema consente solo un ciclo all’anno come pure ci si deve pagare la logopedia e la terapia occupazionale oltre a pagare servizi di aiuto domestico indispensabili per le limitazioni funzionali.

La qualità della mia vita è sicuramente precipitata perché ho dolori continui, sono frammentariato, sonnolenza diurna. Non riesco più a tagliare la carne, pelare frutta e verdura, scolare la pasta, stendere, stirare, nuotare, scrivere leggibile, allacciare i bottoni, infilarmi da sola giacche e cappotti.

Ho iniziato a parlare male con disfonia e il cibo mi va di traverso. Ho dovuto eliminare scarpe con tacco e acquistare solo quelle basse e con velcro, piumini solo con bottoni a pressione senza cerniera, e non vado più in vacanza perché le difficoltà sono troppe. Sono molto angosciata perché vedo continui peggioramenti, con la razionalità sono pessimista con il cuore cerco di illudermi che si trovi qualche farmaco innovativo che permetta una vita residua più dignitosa di quella che si prospetta con le conoscenze attuali. Per questo mi impegno nel cercare di fare varie attività complementari abbinate ai farmaci nella speranza di rallentare la progressione ma con un fondo di pessimismo.

Purtroppo non mi ritrovo per niente nelle testimonianze di chi dice la vita continua ugualmente bella, combattere per non darla vinta alla malattia e altre amenità del genere forse perché non ho un carattere ottimista e non ho l’aiuto della fede che hanno i credenti.

Fortunatamente, navigando in internet, scopro l’esistenza della splendida associazione parkinson APM con i cui vertici prendo contatto per iscrivermi ed inizio così a partecipare a molte delle attività proposte incontrando tante persone ammalate con cui mi confronto e sostengo, perché è facilissimo lasciarsi andare, chiudersi in casa, deprimersi: atteggiamenti che faciliterebbero la veloce progressione della malattia.

 

La storia di Lionella

 

testimonianze lionella

La prima volta che andai dalla neurologa, sollecitata in primis da un’amica medico, ma con esperienza diretta (avendo un marito affetto da Parkinson) e poi dal mio medico che mi diagnosticò una forma parkinsoniana, non ero molto preparata sul futuro che mi si prospettava.

Fortunatamente sia il mio medico di base che la neurologa si sono dimostrati ottimi medici soprattutto sotto l’aspetto umano; il che vuol dire essere avvantaggiati rispetto ad altri pazienti che spesso trovano medici di buon livello ma che non li fanno sentire a proprio agio.

Per me il rapporto con il medico deve essere come quello con il confessore pronto ad ascoltarti e a cercare di risolvere le tue ansie.

Dicevo che: la prima volta che andai dalla neurologa mi fece scrivere una frase che avrei dovuto riscrivere in occasione delle visite successive. “Scriva Oggi è una bella giornata di primavera” disse con tono imperativo. Io guardai fuori dalla finestra e, le nuvole che mi avevano accompagnato fino all’ambulatorio non si erano mosse, pronte a tenermi compagnia durante il ritorno a casa.

“Non posso scrivere Oggi è una brutta giornata d’autunno?” replicai. “No, mi scriva Oggi è una bella giornata di primavera” Ma perché…una frase vale l’altra – pensai - se serve solo, durante lo sviluppo della patologia, a stabilirne l’andamento. MA MI SBAGLIAVO!

L’ottimismo è fondamentale per non cadere in depressione, la socializzazione è un toccasana per la nostra salute, anche se, chi non ti conosce ancora e non conosce il Parkinson, spesso ti guarda e si arrovella a pensare quale sia il tuo problema. Per quello io scopro subito le carte per evitare l’imbarazzo da ambedue le parti. Ma ognuno ha il suo carattere e sa come comportarsi.

Quando la mia amica mi ha suggerito l’opportunità di partecipare alle attività dell’APM dovevo pensarci; ambiente nuovo, persone nuove con handicap come me…chissà che allegria!

INVECE NO. Ci ho messo poco a trovarmi a mio agio con i miei “simili” come li chiamo io. C’è un’aria di allegria, di autoironia, di complicità che non sempre si riesce a trovare nemmeno nei famosi club altolocati. In poche parole persone intelligenti a cominciare dagli addetti ai lavori molto professionali ma, al contempo, semplici e disponibili.

IN CONCLUSIONE ho capito che pensare positivo come: “Oggi è una bella giornata di primavera”, anche quando c’è la tormenta, cercando di resistere, perseverare e combattere è solo un vantaggio. GRAZIE alla mia neurologa e a tutte le persone che ci stanno vicine senza farci pesare la loro fatica e le loro preoccupazioni.

 

La storia di Stefano

 

testimonianze stefanoSono nato a Milano, durante l’inverno del 1959, anno gelido e nevoso come pochi. Terzo di quattro fratelli, avevo preso, secondo mia madre, dalla sua famiglia: tutte persone atletiche e amanti della vita all’aria aperta.

Cosi’ trascorse un’infanzia spensierata nelle campagne romane sino al precipitoso ritorno di tutta la famiglia a Milano a seguito della tragica e precocissima morte di mio fratello maggiore in un incidentte di pesca subacquea.

Nella mia famiglia le medicine erano sostanzialmente sconosciute: una salute di ferro ci aveva sempre preservato da medici e cure. La mamma, che veniva da una famiglia dove l’educazione era stata con, noi figli, estremamente rigida: non ci si lamentava, non si poltriva, si mangiava quello che c’era nel piatto, si teneva in ordine la propria camera e via di precetto in precetto, contrassegnato dalla storica frase del nonno: “Perche’ sono cosi’ attivo? Perche’ so che un giorno potro’ riposare quanto vorro’”
Con questo retaggio educativo, per me fu una sequenza continua di sport, esperienze, avventure: tennis, sci, rugby, judo, i boy scout, la passione e la guida di moto di grossa cilindrata.

Cosi’ mi sono trovato, dopo la laurea, con un gran fisico e senza aver mai saputo cosa fosse una frattura, una malattia che non fossero le canoniche due linee di febbre che non esentavano, ovviamente, dalla scuola, subito un intervento chirurgico o qualsiasi altro malanno.
E cosi’ e’ continuata la mia vita, sempre sostenuto da un’energia fuori dal comune. Quella che viene definita “stamina”, ovvero quella riserva di energia che consente di reggere l’ultimo miglio o l’ultimo minuto di un incontro
Tutto questo fino a circa i miei 55 anni.

Provenendo da una famiglia di medici, dove si discuteva e si condivideva molto , mi era abbastanza chiaro cosa potesse aspettare ad un essere umano in fatto di salute. O meglio, di perdita della stessa. Ma quello che mi successe a partire dal 2016, non lo avrei mai immaginato.
All’epoca ero ancora sposato con la mia seconda moglie, una ambiziosa manager con il culto del successo professionale.

Fu in quel periodo che cominciai a soffrire di vari malanni, apparentemente non in relazione tra di loro. Per me, abituato ad una vita sempre attiva, inizio’ un periodo molto difficile: accusai dolori alle ginocchia, poi comparve una violenta dermatite che persino il primario trovo’ decisamente anomala, poi comparve , e non sarebbe mai piu’ scomparso, un dolore sul lato destro della schiena. A tutto questo si aggiunse una strisciante depressione che mi rendeva lo stare in casa molto penoso.

La svolta avvenne in un giorno preciso: il 17 marzo 2017: fui invitato al mare da amici e, complice il clima gradevole, il padrone di casa mi sfido’ ad una gara di surf a remi. Accettai volentieri anche perche’ io ho sempre avuto un eccellente equilibrio e potete immaginare lo stupore quando mi ritrovai in acqua a mollo completamente vestito. Tra il sorpreso e il seccato, risalii sulla tavola e neanche il tempo di finire di issarmi, mi ritrovai in acqua.
Il viaggio di ritorno a casa fu silenzioso e carico di pensieri cupi.

Arrivato a Milano chiamai immediatamente mia sorella maggiore, eccellente medico, e le raccontai l’episodio. Giusto il tempo di una rapida intesa e da li a pochi giorni ero sul lettino di un neurologo.
Dopo una lunga serie di test ed esami il verdetto fu inequivocabile: si trattava di Malattia di Parkinson.
La diagnosi mi lascio’ impietrito, con mille pensieri che mi frullavano nel mio cranio difettato.
Il primo pensiero che ebbi fu quello penso piu’ comune quando si e’ colpiti da una malattia grave: “perche’ proprio a me?”. Ma ancora non sapevo quello che sarebbe successo.
Mia moglie aveva mal sopportato il mio continuo ammalarmi, disse che era molto dispiaciuta e amareggiata per quanto mi stava succedendo ma mostro’ un certo distacco. Cosi’ ho cominciato a frequentare neurologi e policlinici da solo o accompagnato da mia sorella, senza la quale mi sarei definitivamente perso.

Cosi’ per la prima volta nella mia vita ho provato cosa significhi “diventare fragili.
Diventare fragili e’ uno stato della coscienza, un groviglio di piccole e grandi paure, il timore di perdere i riferimenti quotidiani, la ricerca di rassicurazioni (e in questo il web e’ terribile) e di sostegno.
La Malattia di Parkinson ha una caratteristica molto particolare, ovvero e’ fortemente individuale e tutti i pazienti con cui sono venuto in contatto mi hanno riportato anamnesi, sensazioni, dolori, limitazioni molto specifiche e difficilmente confrontabili, almeno all’occhio del profano,
Ma la mia nuova fragilita’ e’ stata messa a dura prova dalla separazione e dai suoi inevitabili strascichi.

La vicenda si e’ cosi’ snodata nei mesi successivi, finche’ in un radioso giorno del 2021 e’ successo qualche cosa che non credevo possibile: ho cominciato a convivere con la mia malattia, e abbiamo cominciato a dividerci gli spazi e gli ambiti, le cure e i divertimenti, quali divieti e quali licenze, quando assumere le medicine e quando praticare la fisioterapia. Una nuova esistenza.
Questo non sarebbe stato possibile se non ci fosse un altro elemento che ha concorso a farmi accettare questa nuova condizione: gli amici di una vita. La loro presenza e il loro sostegno sono stati un supporto indispensabile e rassicurante

Ho lasciato quindi al loro destino lo sci e la moto (limitandomi ad uno scooter), ho ridotto le camminate in montagna, concedendomi benevolmente qualche sosta in piu’, ho comiciato a prendemela piu’ comoda anche in giro per negozi e musei. I movimenti si sono un po’ rallentati e finalmente non faccio piu’ le cose di fretta, avrebbe detto mia madre.

Penso di piu’ e mi ritrovo a riflettere su cosa mi aspettera’ e soprattutto su cosa mi piacerebbe fare nei prossimi mesi e forse anni se mi saranno concessi. Una vita piu’ fragile ma forse anche piu’ vera e goduta nei suoi piccoli piaceri.

Cosi’ mi torna in mente Seneca che, 2000 anni fa, scrisse’:” ma non vi vergognate a dedicare a voi stessi solo il tempo che non serve piu’ a nessuna attivita’?”
Attingete al tempo come fosse un pozzo inesauribile e invece puo’ finire all’improvviso”.

 

La storia di Giuseppe

 

testimonianze giuseppeEra l’anno 2016 quando cominciai a sentire le mie gambe insolitamente pesanti e una stanchezza ingiustificata atteso che la mia professione, non richiedeva il ricorso a mezzi di locomozione, né a lunghe deambulazioni, quanto piuttosto a una costante sedentarietà.

Anche il mio medico di base non prestò particolare attenzione ai fenomeni che gli andavo descrivendo e si limitò a prescrivermi un farmaco da banco  portatore di tre principi attivi tutti volti al migliore benessere dell’assuntore.

Sarà stato l’effetto “placebo” di questo farmaco, fatto sta che, condizionato dal parere del medico, ebbe l’effetto di rassicurarmi e, purtroppo di farmi perdere tempo utile per la più sollecita cura del mio reale malessere.

E’ accaduto, poi, che circa tre anni fa venni invitato ad una festa privata cui parteciparono circa venti persone e, tra questi un medico che vedendomi camminare, disse a mia moglie di portarmi al più presto da un neurologo, senza chiarire le sue motivazioni.

Non feci caso, per questo, nemmeno a questa esortazione e, senza ricorrere a un qualche rimedio sanitario, continuai la mia vita di sempre, mentre mia moglie, invece, fissò un appuntamento dal neurologo come ci era stato consigliato per avere il suo parere.

Il neurologo mi prescrisse una scintigrafia all’esito della quale pose in rilievo e senza alcun dubbio la presenza di una patologia ascrivibile al “morbo di Parkinson”.

Venni accolto al Centro per il Parkinson presso la Fondazione “Don Gnocchi Onlus e iniziai la terapia farmacologica in uno con fisioterapie adatte, iniziando così un percorso che mi procurò un maggiore benessere nella deambulazione e nell’assetto comportamentale.

Con la consapevolezza del mio nuovo stato e del mio futuro, decisi di intraprendere con la dovuta attenzione il percorso sanitario che mi sarebbe stato prescritto.  

Preso dalla ferrea volontà di combattere in tutti i modi questa patologia, ho aderito anche all’Associazione per il Parkinson Lombardia Onlus – AMP – che “assiste i pazienti e i loro familiari per migliorare l’approccio alla malattia e alla qualità della vita nelle attività quotidiane”.

In particolare l’Associazione organizza attività gratuite di “terapie complementari alle terapie farmacologiche condotte da istruttori qualificati” nelle diverse terapie interessanti la patologia del Parkinson quali l’attività fisica adattata (AFA), il tono e la sperimentazione vocale, la QI,Gong. Pilates e altro ancora.

Al di la dei benefici ricevuti dalle prescrizioni mediche, questa esperienza presso l’Associazione, mi ha arricchito umanamente, dandomi la possibilità di confrontarmi con altre persone, affette dalla stessa patologia, ricevendo così nuovi stimoli.

 

La storia di Sandra

 

testimonianze sandra

Sandra, laurea e una carriera come Assistente Sociale, una vita spesa in favore di persone bisognose. Il contatto con persone fragili, ha lasciato in lei un singolare modo di agire, un atteggiamento paziente e protettivo, un linguaggio semplice e un comportamento educato ed affabile, ciò che un bravo Assistente deve sempre avere con le persone che necessitano d’aiuto.
Con grandissimo dispiacere si dimette dal lavoro per potere accudire la sua prima figlia. Per soddisfare il suo desiderio di “rapporto umano” mette a disposizione la sua opera e si dà al volontariato, attività che svolge per parecchi anni.
Sposa felice e madre di due figlie, ormai indipendenti, ma sempre vicine alla madre. Nonostante l’impegno per la loro professione, non fanno mai mancare il loro affetto e la partecipazione attiva alla malattia della madre.

 

 

… … … , quando hai scoperto la malattia?

Era il 2009 mi recai dal Neurologo che diagnosticò un “tremore essenziale” valutando quel tremito che, seppure leggero, mi infastidiva molto. Col persistere del disturbo, tornai dallo stesso neurologo che – dopo un più accurato esame – riformulò la diagnosi in “Malattia di Parkinson”. La reazione mia e di mio marito fu di sgomento. Restammo a lungo senza parole e – scavammo nella memoria alla ricerca di “un perché” – senza tuttavia rintracciare casi di MdP nelle nostra famiglia.
Non conoscendo bene la patologia, tendevo a minimizzare i sintomi: è vero che tremavo dalla parte sinistra del corpo, ma – pensavo – fosse dovuto all’età (avevo allora 69 anni).

 

Quale è stata l’evoluzione della malattia?

Dal giorno della diagnosi iniziò il “gioco delle figurine”, come facevo da piccolina scambiando le figurine con le mie compagne di scuola, per completare la raccolta: “questa ce l’ho”, “quella mi manca”.
Fu infatti una volontaria del Centro Parkinson, che donandomi generosamente la sua raccolta di appunti, mi iniziò a questo “gioco” della raccolta di fascicoli che hanno per tema Mr P nei suoi vari aspetti. Ogni opuscolo racconta come evitare le cadute, come deglutire bene, come migliorare la postura, quando manca l’equilibrio e via dicendo. Pubblicazioni che non hanno mai attirato la mia attenzione e che ho prontamente nascosto, come voler allontanare da me la malattia.

 

E il tuo rapporto col “compagno P” ... ?

Il mio rapporto è decisamente conflittuale, in quanto a causa della patologia sono stata costretta a lasciare il lavoro per essere padrona della mia vita. Riconosco che non parlo volentieri del mio stato, non amo sentirmi dire “c’è chi sta peggio” oppure “adesso ci sono le nuove terapie ,,, si può curare il Parkinson”. Frasi fatte, piene di ipocrisia che mi fanno arrabbiare, ma voglio essere onesta con me stessa e – facendo autocritica – riconosco che era il comportamento che avevo anch’io prima di interfacciare questa patologia.
Sono ormai giunta a completare il primo periodo di malattia denominato “luna di miele” e sto per iniziare un periodo che si preannuncia “duro” con il P.  che, con la sua invadenza, sta cercando di mettermi alle corde e temo che, in una competizione con me, risulterà vincitore.

 

La storia di Pino

 

testimonianze pino liliana

Pino, nato in provincia di Foggia nel 1950, nella sua vita non ha mai smesso di praticare i suoi hobby quali la musica, il ballo e la palestra.

Seguendo la tendenza di quegli anni, Pino, all’età di soli 16 anni lascia la “sua terra” e, armato di tanta buona volontà ma con nessuna esperienza lavorativa, si è trasferisce al Nord in cerca di fortuna.
A Milano trova lavoro in una azienda per la produzione di infissi e serramenti. La sua innata buona volontà unita alla capacità di apprendere velocemente nuovi lavori, gli permettono di entrare in azienda come operaio lasciando (per limiti di età) la stessa come Capo Officina. Una chiaro esempio di carriera come self made man.

 

… … … , quando hai scoperto la malattia?

Nel 2005 è apparso un tremore alla mano destra che si manifestava soprattutto nei momenti di tensione e per questo motivo ci siamo rivolti ad un neurologo dell’ospedale San Paolo di Milano. Dopo alcuni esami clinici la diagnosi è stata di morbo di Parkinson.

 

Quale è stata l’evoluzione della malattia?

Per una decina di anni dalla diagnosi non ci sono stati particolari problemi e Pino poté vivere serenamente la sua quotidianità, perché i sintomi erano molto lievi.
Tuttavia negli ultimi 4 anni la situazione è peggiorata, soprattutto dopo l’intervento di protesi al ginocchio.
Oltre ai disturbi motori c’è stato un repentino decadimento cognitivo, motivo per il quale Pino ora necessita di assistenza continua.

 

E il tuo rapporto col “compagno P” ... ?

Attraverso ulteriori indagini, da poco abbiamo scoperto che la sua malattia non è un Parkinson “puro” bensì una forma di parkinsonismo e per questo motivo stiamo provando ad utilizzare anche rimedi omeopatici per alleggerirne i sintomi.
Ciò nonostante siamo sempre fiduciosi e speriamo nell’evoluzione positiva della malattia.
Nonostante tutto Pino partecipa ad attività specifiche per la sua malattia, grazie anche al supporto dell’Associazione Parkinson Lombardia, che con l’occasione ringraziamo infinitamente.

 

 

La storia di Sonja

 

testimonianze sonja

Di origine tedesca Sonja è nata e cresciuta a Milano.
Ha frequentato la scuola tedesca e dopo avere conseguito il diploma di maturità si è iscritta a alla facoltà di Economia dell’Università Bocconi laureandosi a pieni voti pur essendo diventata mamma di una bella bambina. Di figli Sonja ne ha avuti ben tre, di cui è molto orgogliosa. E’ nonna di sei nipoti ma solo uno abita a un tiro di schioppo da casa sua. Tre vivono a Berlino e due a Roma così da “costringerla” ad andarli a trovare o ad accoglierli a casa sua.
Ha iniziato giovanissima ad insegnare, attività che ha svolto con gran piacere fino alla pensione prevalentemente in istituti sperimentali. All’insegnamento ha affiancato delle collaborazioni editoriali. E’ stata a lungo correttrice di bozze per poi dedicarsi a traduzioni dall’inglese, dal tedesco e dal francese, lingue che conosce bene.

 

 

… … … , quando hai scoperto la malattia?

E’ stata la nostra dottoressa antroposofa a consigliarmi di fare una visita neurologica notando un certo mio rallentamento nei movimenti, La diagnosi di Malattia di Parkinson che ne è seguita non è stata una bella notizia, ma non mi sono persa d’animo grazie alla vicinanza affettuosa di marito, figli, nipoti e tanti amici.

 

Quale è stata l’evoluzione della malattia?

Sono passati ben dieci anni da quando mi è stata diagnosticata la malattia e se non fosse per un forte strappo alla schiena che mi ha cambiato la postura (sindrome della torre di Pisa) non potrei lamentarmi. Certo così è chiaro per tutti di che cosa soffro ma fin dal primo momento non l’ho mai nascosto. Fino a tre anni fa non ho assunto la levodopa e quando ho accettato di assumerla ho dovuto lottare con un po’ di nausea. Tutto sommato in questi dieci anni la malattia si è evoluta molto lentamente e per ora ho potuto vivere la mia vita come prima.

 

E il tuo rapporto col “compagno P” ... ?

E’ abbastanza sereno anche se il “compagno” è e rimane un po’ invadente. Seguo la terapia e soprattutto faccio tutto quello che mi viene suggerito per lasciare meno spazio possibile al “compagno”.