La terapia della malattia di Parkinson si avvale fondamentalmente di tre tipi di approccio: farmacologico, riabilitativo, neurochirurgico.
Non esistono terapie risolutive.
Al giorno d'oggi esistono numerosi tipi di farmaco che permettono di trattare la malattia in maniera efficace. La Levodopa rimane il “Gold Standard” nella terapia, essendo la sostanza più potente oggi a disposizione.
Di norma la terapia farmacologica viene avviata lentamente e a piccole dosi, poiché non tutti i pazienti denotano la stessa reazione a un determinato medicamento.
Una terapia farmacologica efficace è il risultato di una collaborazione intensa fra medico e paziente.
Alcuni farmaci possono causare, in taluni pazienti, disturbi indotti:
- allucinazioni visive e/o uditive
- ipotensione ortostatica, ossia brusca riduzione della pressione arteriosa al passaggio dalla posizione supina a quella in piedi
- ipersalivazione (scialorrea)
- non corretta deglutizione (disfagia)
- difficoltà nell’articolare le parole (disartria)
- disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento o frammentazione del sonno con frequenti risvegli, emettere urla, fare movimenti bruschi, tirare pugni e calci, sonniloquio)
- disturbi urinari con necessità di urinare diverse volte per notte (nicturia) e urgenze minzionali
- ipersessualità, pornografia
- disturbi nel controllo degli impulsi DOC (gioco d’azzardo e/o shopping patologici)
- piedi “incollati” al suolo (freezing o acinesia paradossa)
- movimenti anomali ed involontari (discinesie).
Per evitare ciò che spesso accade che ogni specialista veda solo il “proprio ambito”, è auspicabile si crei una “rete virtuale” fra le diverse professioni apparentemente fra loro distanti, per far emergere le così dette “professionalità alleate” (urologo, psichiatra, logopedista, dietologo, ecc.) che affiancano il neurologo nella cura della malattia (multidisciplinarietà della cura).
La malattia del Parkinson costringe pazienti e familiari a convivere con gli effetti invalidanti di una malattia cronica che toglie progressivamente autonomia a chi ne è colpito. Al fine di migliorare la qualità della vita si è evidenziata la necessità di integrare l’utilizzo del farmaco con la terapia fisica. Studi clinici hanno dimostrato come l’esercizio fisico favorisca l’ossigenazione cerebrale e la capacità del cervello di auto-ripararsi quando è lesionato.
L' AFA (Attività Fisica Adattata) è da molti anni consigliata come terapia irrinunciabile per i pazienti di Parkinson.
L’intervento non farmacologico (sono le dette terapie complementari) rappresenta un elemento fondamentale nel trattamento dei pazienti con malattia di Parkinson.
I principali obiettivi della rieducazione motoria sono:
- supplire gli automatismi motori deficitari
- ricercare una autonomia articolare
- rieducare la respirazione
- rieducare il linguaggio
- correggere posture viziate.
La conoscenza della malattia e del suo decorso risulta il punto di partenza per la gestione e l’accettazione della stessa. Inoltre è da evitare l’isolamento sociale dell’individuo. Mantenersi attivi, proseguire nella propria attività intellettuale e lavorativa, stimolati nel coltivare interessi (hobby) compatibili con la propria condizione psicomotoria, sono tutti fattori positivi che aiutano a convivere con la malattia di Parkinson.
L’abbandono delle attività ricreative e sociali trasformano il “paziente” in “malato”.
Oggi sono molte le attività a disposizione dei pazienti e della cui efficacia esistono evidenze e segnalazioni. In fase iniziale della malattia è utile intraprendere attività come Yoga, Tai Chi Chuan, (antica disciplina imperniata sul movimento, la postura, il rilassamento), Musicoterapia, Biodanza, esercizi di stectching (manovre di “stiramento”), Pilates, tecnica Alexandre Lowen (BioEnergetica può insegnare a diventare più vivi, più vitali e a sentirlo), Feldenkrais, Museoterapia. Terapie molto spesso di gruppo che favoriscono la socializzazione.
In particolare la musica rappresenta lo stimolo ideale per suscitare risposte motorie e cognitive adeguate al programma riabilitativo. Infatti questo tipo di riabilitazione agisce in modo globale sulla persona, migliorando non solo la funzione motoria ma anche la sfera emozionale (in particolare piacere ed esperienza sensoriale) ed in ultima analisi migliora la qualità di vita, che possiamo definirla come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente di assenza di malattia o infermità” (a state of complete physical, mental and social well-being, and not merely the absence of disease. OMS, 1946).
Queste terapie non farmacologiche contribuiscono a mantenere la plasticità neuronale. Il trattamento non farmacologico ha lo scopo di migliorare la qualità della vita, ridurre i disturbi comportamentali ed aumentare le performance nelle attività funzionali.