Sono nato a Milano, durante l’inverno del 1959, anno gelido e nevoso come pochi. Terzo di quattro fratelli, avevo preso, secondo mia madre, dalla sua famiglia: tutte persone atletiche e amanti della vita all’aria aperta.
Cosi’ trascorse un’infanzia spensierata nelle campagne romane sino al precipitoso ritorno di tutta la famiglia a Milano a seguito della tragica e precocissima morte di mio fratello maggiore in un incidentte di pesca subacquea.
Nella mia famiglia le medicine erano sostanzialmente sconosciute: una salute di ferro ci aveva sempre preservato da medici e cure. La mamma, che veniva da una famiglia dove l’educazione era stata con, noi figli, estremamente rigida: non ci si lamentava, non si poltriva, si mangiava quello che c’era nel piatto, si teneva in ordine la propria camera e via di precetto in precetto, contrassegnato dalla storica frase del nonno: “Perche’ sono cosi’ attivo? Perche’ so che un giorno potro’ riposare quanto vorro’”
Con questo retaggio educativo, per me fu una sequenza continua di sport, esperienze, avventure: tennis, sci, rugby, judo, i boy scout, la passione e la guida di moto di grossa cilindrata.
Cosi’ mi sono trovato, dopo la laurea, con un gran fisico e senza aver mai saputo cosa fosse una frattura, una malattia che non fossero le canoniche due linee di febbre che non esentavano, ovviamente, dalla scuola, subito un intervento chirurgico o qualsiasi altro malanno.
E cosi’ e’ continuata la mia vita, sempre sostenuto da un’energia fuori dal comune. Quella che viene definita “stamina”, ovvero quella riserva di energia che consente di reggere l’ultimo miglio o l’ultimo minuto di un incontro
Tutto questo fino a circa i miei 55 anni.
Provenendo da una famiglia di medici, dove si discuteva e si condivideva molto , mi era abbastanza chiaro cosa potesse aspettare ad un essere umano in fatto di salute. O meglio, di perdita della stessa. Ma quello che mi successe a partire dal 2016, non lo avrei mai immaginato.
All’epoca ero ancora sposato con la mia seconda moglie, una ambiziosa manager con il culto del successo professionale.
Fu in quel periodo che cominciai a soffrire di vari malanni, apparentemente non in relazione tra di loro. Per me, abituato ad una vita sempre attiva, inizio’ un periodo molto difficile: accusai dolori alle ginocchia, poi comparve una violenta dermatite che persino il primario trovo’ decisamente anomala, poi comparve , e non sarebbe mai piu’ scomparso, un dolore sul lato destro della schiena. A tutto questo si aggiunse una strisciante depressione che mi rendeva lo stare in casa molto penoso.
La svolta avvenne in un giorno preciso: il 17 marzo 2017: fui invitato al mare da amici e, complice il clima gradevole, il padrone di casa mi sfido’ ad una gara di surf a remi. Accettai volentieri anche perche’ io ho sempre avuto un eccellente equilibrio e potete immaginare lo stupore quando mi ritrovai in acqua a mollo completamente vestito. Tra il sorpreso e il seccato, risalii sulla tavola e neanche il tempo di finire di issarmi, mi ritrovai in acqua.
Il viaggio di ritorno a casa fu silenzioso e carico di pensieri cupi.
Arrivato a Milano chiamai immediatamente mia sorella maggiore, eccellente medico, e le raccontai l’episodio. Giusto il tempo di una rapida intesa e da li a pochi giorni ero sul lettino di un neurologo.
Dopo una lunga serie di test ed esami il verdetto fu inequivocabile: si trattava di Malattia di Parkinson.
La diagnosi mi lascio’ impietrito, con mille pensieri che mi frullavano nel mio cranio difettato.
Il primo pensiero che ebbi fu quello penso piu’ comune quando si e’ colpiti da una malattia grave: “perche’ proprio a me?”. Ma ancora non sapevo quello che sarebbe successo.
Mia moglie aveva mal sopportato il mio continuo ammalarmi, disse che era molto dispiaciuta e amareggiata per quanto mi stava succedendo ma mostro’ un certo distacco. Cosi’ ho cominciato a frequentare neurologi e policlinici da solo o accompagnato da mia sorella, senza la quale mi sarei definitivamente perso.
Cosi’ per la prima volta nella mia vita ho provato cosa significhi “diventare fragili.
Diventare fragili e’ uno stato della coscienza, un groviglio di piccole e grandi paure, il timore di perdere i riferimenti quotidiani, la ricerca di rassicurazioni (e in questo il web e’ terribile) e di sostegno.
La Malattia di Parkinson ha una caratteristica molto particolare, ovvero e’ fortemente individuale e tutti i pazienti con cui sono venuto in contatto mi hanno riportato anamnesi, sensazioni, dolori, limitazioni molto specifiche e difficilmente confrontabili, almeno all’occhio del profano,
Ma la mia nuova fragilita’ e’ stata messa a dura prova dalla separazione e dai suoi inevitabili strascichi.
La vicenda si e’ cosi’ snodata nei mesi successivi, finche’ in un radioso giorno del 2021 e’ successo qualche cosa che non credevo possibile: ho cominciato a convivere con la mia malattia, e abbiamo cominciato a dividerci gli spazi e gli ambiti, le cure e i divertimenti, quali divieti e quali licenze, quando assumere le medicine e quando praticare la fisioterapia. Una nuova esistenza.
Questo non sarebbe stato possibile se non ci fosse un altro elemento che ha concorso a farmi accettare questa nuova condizione: gli amici di una vita. La loro presenza e il loro sostegno sono stati un supporto indispensabile e rassicurante
Ho lasciato quindi al loro destino lo sci e la moto (limitandomi ad uno scooter), ho ridotto le camminate in montagna, concedendomi benevolmente qualche sosta in piu’, ho comiciato a prendemela piu’ comoda anche in giro per negozi e musei. I movimenti si sono un po’ rallentati e finalmente non faccio piu’ le cose di fretta, avrebbe detto mia madre.
Penso di piu’ e mi ritrovo a riflettere su cosa mi aspettera’ e soprattutto su cosa mi piacerebbe fare nei prossimi mesi e forse anni se mi saranno concessi. Una vita piu’ fragile ma forse anche piu’ vera e goduta nei suoi piccoli piaceri.
Cosi’ mi torna in mente Seneca che, 2000 anni fa, scrisse’:” ma non vi vergognate a dedicare a voi stessi solo il tempo che non serve piu’ a nessuna attivita’?”
Attingete al tempo come fosse un pozzo inesauribile e invece puo’ finire all’improvviso”.