Palma, terapista della riabilitazione, è nata in Ungheria e vive in Italia da quarant’anni, dove è sposata con un italiano ed hanno un figlio, studente “mediazione linguistica”.
Per 33 anni ha operato – come responsabile del Reparto Rieducazione - al Fatebenefratelli di Milano lasciando l’incarico nel 2012 per avere maturato il diritto alla pensione. E’ volontaria in “Salute Donna”, Onlus per prevenzione ai tumori femminili dove tiene incontri di autolinfodrenaggio manuale e presso “Umanitas” dove insegna a badanti la gestione di pazienti allettati.
La sua lingua madre è l’ungherese, parla correttamente italiano e inglese ed ha studiato latino e tedesco questi ultimi idiomi poco esercitati da qualche tempo.
... ... ... , quando hai scoperto la malattia?
è curioso, ma ho scoperto di avere la malattia di Parkinson mentre addestravo un paziente parkinsoniano. Stavamo effettuando la “camminata con bastoni”, quando mi accorsi che la parte sinistra del mio corpo non rispondeva ai comandi: gamba lenta, cammino incerto, modifica della postura.
Istintivamente feci un confronto con mia zia materna, parkinsoniana, deceduta all’età di 90 anni, cui mi legava un materno sentimento e con cui avevo la comune passione per l’opera lirica. In famiglia volli tenere segreta la malattia, rifiutando – anche – una visita neurologica.
Era mia intenzione dare l’annuncio dopo la laurea di mio figlio, ciò per non appesantire i familiari di un carico di preoccupazioni. Il caso volle che mio figlio trovò nell’armadietto del bagno una confezione di Azilect, farmaco che da qualche tempo prendevo sotto prescrizione medica.
Così … … il mio segreto è svanito come neve al sole.
Quale è stata l’evoluzione della malattia?
Per tre anni, dopo l’autodiagnosi, tenni segreta la patologia, quindi – sotto pressione dei familiari – mi recai dal neurologo, che confermò la malattia. In questo periodo ho notato un lieve peggioramento nei movimenti, che considero – purtroppo - la naturale evoluzione della malattia. Contrasto l’evoluzione di questa patologia con molti esercizi fisici, che pratico sistematicamente e con determinatezza presso il mio domicilio.
E il tuo rapporto col “compagno P” ... ?
Un deciso rifiuto iniziale, cui ha fatto seguito una accettazione della malattia, dettata dal buon senso e dalla consapevolezza che dovrò convivere con Mr. P” per tutta la vita.