Convegni

Lettera aperta a Mister Parkinson

 

testimonianze lauzi

Egregio Signore,

 

non è con piacere che le scrivo questa lettera, ma d’altra parte avrei dovuto parlarle a quattr’occhi, affrontarla di persona, sopportare quel suo subdolo modo di fare che è quanto c’è di peggio per far perdere la pazienza anche ad un santo, figuriamoci a me. Le scrivo, come può notare, col computer, perché la mia calligrafia s’è fatta illeggibile e così minuscola che i miei collaboratori devono usare la lente d’ingrandimento per riuscire a decifrarla … Perché le scrivo? E’ presto detto: io ho superato con una certa disinvoltura l’imbarazzo che lei (l’ho scritto senza maiuscola, non la merita) mi ha creato chiedendo pubblicamente la mia mano ed ovviamente ottenendola.

Convivere con un ufficiale inglese a riposo, già condannato nel Punjab per ripetuti tentativi di violenza neurologica su qualunque essere di qualunque specie (le cose si vengono a sapere, come vede …), non è stato facile, la mia è una famiglia è all’antica e non ha apprezzato. Ma ora lei sta esagerando, signore, glielo devo dire. Quando è troppo è troppo, e il troppo stroppia! C’è un proverbio arabo che dice:” Se hai un amico di miele non lo leccare tutto”, invece lei s´approfitta d´ogni rilassatezza, dell´abbassamento della guardia nella vita quotidiana, ci proibisce di pensare ad altro, contando sulla superficialità con cui io ho affrontato l’insorgere del male… si sa, gli artisti sono farfalloni incoscienti … no, vecchio caprone, non le sarà facile, né con me né con gli altri, la Resistenza è cominciata. Perché, vede, io e i miei fratelli e sorelle malati abbiamo tante cose da fare, una vita da portare avanti meglio di così! D’ora in avanti prometto che starò più attento ai consigli dei miei dottori, e che mi impegnerò maggiormente nell’aiutarli nella raccolta dei fondi necessari per la ricerca. Anzi sul tema della solidarietà mi ci gioco una mano, la mano che, pitturata e serigrafata fa da piedistallo ad una poesia contro di lei, colonnello dei miei stivali, funzionando da incentivo a dare … già, poiché a chiunque faccia un’offerta per la ricerca verrà inviata

“LA MANO” come ricordo e memento … Siamo in tanti, tante mani si leveranno contro di lei e cercheranno di restituirle colpo su colpo fino a quando non riusciranno ad acchiapparla per la collottola e mandarla all’Inferno cui appartiene, bestiaccia immonda, sterco del demonio, nostra croce senza delizie … Parola mia, di questo omino per molti un po’ buffo, per altri un po’ patetico, ma che vive il sogno di poterla, un giorno non lontano, prendere a schiaffi. A mano ferma. Mi stia male e a non rivederla.

Bruno Lauzi

 

La storia di Marco

 

testimonianze marcoL’incontro con la MdP ha modificato la sua vita e quella dei suoi familiari: moglie e 2 figli. Marco, cardiologo ospedaliero, per 40 anni, ha abbadonato la professione per curarsi meglio.

 

... ... ... , quando hai scoperto la malattia?

 Dopo circa 3-5 anni da quando ne sono stato colpito; sono sprofondato dall’oggi al domani in una grave sindrome depressiva. Quanta gente depressa si incontra con il Parkinson!

 

Quale è stata l’evoluzione della malattia?

 Lenta e progressiva come una vecchia compagna che sta appollaiata sulla spalla come una vecchia scimmia. La battaglia tra me e la malattia è stata continua e ha presentato alti e bassi con alterne vicende.

 

E il tuo rapporto col “compagno P” ... ?

 Su di me la MdP ha confermato ancora di più che è in grado di modificare nel tempo la qualità di vita (peggiorandola) di chi ne è affetto. Ci si può accontentare che in genere la MdP non accresce la mortalità del paziente, se non sono presenti gravi malattie croniche invalidanti. In altre parole c’è spazio per migliorare se ci si aiuta, aiutandosi.

Quando sto bene con me stesso, lo ignoro. E cerco di far emergere quanto più di profondo ci può essere nella mia coscienza. La malattia mi ha infatti permesso di mettermi in contatto (anche attraverso Biodanza) con chi ha avuto esperienze analoghe alle mie permettendomi di sentirmi meno solo.

E’ difficile comunque non sentirsi soli e guardare avanti verso un futuro migliore e di affetto reciproco.

Una buona ricetta vincente: umiltà, amore e non sentirsi soli …

 

La storia di Lucilla

 

testimonianze lucillaUna donna decisamente fuori dal comune che sa essere un esempio di coraggio e di positività: Lucilla Bossi, laureata in Filosofia, è Presidente di Parkinson Italia (ONLUS), confederazione che riunisce 23 Associazioni Parkinson distribuite su tutto il territorio nazionale da Bolzano a Palermo. Ha 36 anni quando si manifestano i primi sintomi. La diagnosi verrà fatta solo tre anni più tardi.

 

Lucilla, vuoi raccontarci la tua storia?

Al momento della diagnosi non avevo nessun disturbo a parte un leggero impaccio a una mano, e fisicamente ero in forma splendida. Difficile credere di avere una malattia così grave.

 

“Incassare“ la diagnosi di Parkinson è stato un processo complesso nel quale si sono alternati vari tipi di risposta emozionale, dalla più nera disperazione al puro terrore, ma alla fine ha prevalso una specie di sbruffoneria (o forse potremmo chiamarlo un ottimismo della disperazione). Avevo 39 anni ed ero piena di energia, di sogni, di progetti. Avevo un bambino ancora piccolo. Io volevo VIVERE, non diventare un’invalida! E se potevo riuscire a credere di avere il Parkinson non ero assolutamente disposta a credere che Dio mi avesse abbandonata e se Dio non mi aveva abbandonato in un modo o nell’altro ce l’avrei fatta. Molto probabilmente per il rotto della cuffia ma me la sarei cavata Quello che io veramente non volevo era che il Parkinson fermasse la mia vita e se oggi mi guardo indietro posso ben dire che non solo non l’ha fermata, ma anzi – seppure attraverso momenti di grande sofferenza psichica - le ha dato una profondità e un’intensità che l’hanno arricchita enormemente.

 

Quale è stata l’evoluzione della malattia?

Nonostante le mie preghiere la malattia era andata peggiorando anno dopo anno e nel 1998 pesavo 39 chili e oramai passavo direttamente da un forte tremore a violente discinesie. Non avevo più un attimo di pace. Fino a quando un giorno, che non dimenticherò mai, in casa di un’amica m’imbattei in una mia antica conoscenza che io ricordavo squassata da movimenti involontari molto forti: sotto i miei occhi allibiti questa donna - che si era da poco sottoposta a DBS (Deep Brain Stimulation) - stava bevendo una tazza di the, il piattino in perfetto equilibrio nella mano sinistra fermissima, mentre con la destra, altrettanto ferma, portava la tazza alle labbra. Ogni traccia della malattia era sparita. Vederla e decidere che anch’io mi sarei fatta operare fu tutt’uno.

Fui operata nel giugno del 1998 a Zurigo dal prof. Jean Siegfried e fu una vera rinascita: spesso non ci si accorge neanche che sono malata. E questo per me ha significato tantissimo perché il sentimento della diversità è duro da sopportare! La DBS mi ha regalato una parvenza di normalità che è il mio bene più prezioso. Non sentirmi così tanto diversa, diversa, sì, ma solo un po’, è un’esperienza fantastica.

Ringrazio il Cielo e spero che duri.

 

La storia di Gianni

 

testimonianze gianniGianni, 73 anni ben portati, ha lavorato per 40 anni presso lo stesso laboratorio di oreficeria in Milano. Di temperamento taciturno, abile artigiano, ha sem-pre lavorato “con piacere” trovando nel lavoro lo scopo principale della sua vita. E’ stato apprezzato per la sua abilità, ricevendo gratificazioni dal suo datore di lavoro; ha ricevuto, fra l’altro, una medaglia d’oro per i suoi primi trent’anni di attività. Giocatore di calcio (in promozione), è felicemente sposato, ha due figli.

 

... ... ... , quando hai scoperto la malattia?

Mi hanno diagnosticato la MdP nel 2000 all’età di 60 anni o poco più. Ricordo che in quell’anno era morta mia mamma, all’età di 92 anni! Negli ultimi cinque anni della sua vita l’ho curata personalmente con tanto amore. In quegli anni accusavo di alcuni disturbi non chiaramente individuati. Fu così che la prima diagnosi fu di uno stato di depressione dovuto al decesso della mamma. Anche mia moglie sosteneva la tesi del medico. Una visita accurata dal neurologo, al contrario, diagnosticò la MdP.

 

Quale è stata l’evoluzione della malattia?

Per molti anni ho vissuto senza eccessivi problemi, recentemente ho sofferto di disturbi cardiologici e sono stato ricoverato per alcuni giorni. Inizialmente accusavo un leggero tremore, sintomo totalmente scomparso con la terapia. Oggi la convivenza con la malattia mantiene un discreto equilibrio: non ho discinesie, non ho più tremore, non ho allucinazioni. Tuttavia disturbi ne ho: la sera mi addormento facilmente, ma poi di notte passo le ore con le parole crociate. Ho qualche scialorrea (ipersalivazione), una eccessiva sudorazione notturna, ed altri piccoli disturbi.

 

E il tuo rapporto col “compagno P” ... ?

Dopo un decennio di malattia, posso affermare che la mia qualità della vita può considerarsi accettabile. A parte i disturbi cardiologici, che tuttavia sono sotto controllo. Mi mantengo in esercizio fisico con un corso di nuoto, incontri con lo psicologo, con il logopedista e frequento settimanalmente il corso di Biodanza.

 

La storia di Franco

 

testimonianze francoFranco, celibe, persona di temperamento taciturno, apprezzato tecnico commerciale presso una società di apparecchiature elettriche, amante della buona lettura, si è trovato improvvisamente affiancato dal “compagno P”. Il padre, anche lui affetto della stessa malattia, ha sofferto per un decennio, prima della sua morte avvenuta a 73 anni.

La sorella, Maria Antonietta, (felicemente sposata, con figlio) si dedica a Franco, lo cura amorevolmente, è divenuta la sua ombra, sempre al suo fianco in modo discreto ed efficace, un vero caregiver.

 

... ... ... , quando hai scoperto la malattia?

Sono sempre stato appassionato di montagna e un giorno, di parecchi anni fa, al ritorno da una escursione un amico del nostro gruppo mi fece notare il tremore al mio braccio sinistro. Un tempestivo controllo neurologico diagnosticò, senza dubbi, MdP. Anche mio padre soffrì della stessa malattia. Il mio è quindi un caso di familiarità.

 

Quale è stata l’evoluzione della malattia?

Nel 1995 la diagnosi e, per cinque anni, ho mantenuto inalterate le mie abitudini, compresa l’attività lavorativa. Dal 2000 ad oggi i problemi si sono evidenziati, senza lasciarmi tregua: discinesie, prolungati blocchi, scialorrea diurna (ipersalivazione), disartrie, cadute, ... ... quanto basta per non essere completamente autosufficiente. In un primo tempo mi è stato aumentato il dosaggio dei farmaci, poi si e ricorsi alla DBS (Deep Brain Stimulation), senza successo nel mio caso per non essere riuscito a portare a termine l’intervento. Oggi porto la pompa con infusione continua di apomorfina. Proseguo nella terapia farmacologica ed aggiungo fisioterapia, Biodanza e liedtherapy attività che mi aiutano molto a mantenere alto il morale.

 

E il tuo rapporto col “compagno P” ... ?

Ho un rapporto altalenante con momenti di rifiuto, cui si alternano periodi in cui mi sento di lottare per contrastare la malattia.

 

In tutto ciò ho il valido e prezioso aiuto di mia sorella.