La storia di Carla

 

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Sono sempre stata una persona attiva, dinamica, con molti interessi, impegnata nel volontariato nei beni culturali.

Dopo la laurea, ho lavorato all’Agenzia delle Entrate occupandomi di contenzioso tributario poi, dopo il pensionamento, mi sono abilitata alla professione di amministratore di condominio per collaborare in questo lavoro con mio figlio che ha aperto un piccolo studio.

Nel 2020 scopro di avere un linfoma e mi viene proposto di partecipare a uno studio sperimentale di un nuovo farmaco chemioterapico che accetto anche per essere utile a chi si ammalerà dopo di me.
Nel corso della chemioterapia avverto fastidi al braccio sinistro che credevo effetto della chemio e che un neurologo consultato attribuiva invece a una sofferenza del nervo ulnare ma che la fisioterapia non attenuava.
Subito dopo la terza vaccinazione Covid comincio a trascinare la gamba sinistra e poi prendo il virus due volte, decido di consultare altra neurologa che diagnostica un Parkinson rigido.

Sono sconvolta anche perché ho un figlio invalido che necessita di cure che non potrò più assicurare.
Mi resterà per sempre il dubbio che il Parkinson mi sia venuto per una sinergia negativa creatasi tra chemioterapici, vaccini e covid.

Mi ritrovo disperata e terrorizzata non per la morte che incombe su tutti, ma per l'evoluzione dell'invalidità che so devastante con perdita autonomia e decadenza cognitiva.

Faccio immediatamente la DAT (disposizioni anticipate trattamento), scrivo alla Associazione Luca Coscioni per il suicidio assistito in Svizzera, visto che da noi siamo indietro anni luce, ma inizio lo stesso a seguire le terapie farmacologiche con levodopa che creano vari problemi ma non mi danno alcun beneficio.

Faccio nuovi consulti e viene ipotizzato il sospetto che io abbia la spaventosa MSA-P (tracheotomia, alimentazione con sondino, ecc) per cui mi sottopongo ad altri esami invasivi che per ora non soddisfano tutti i requisiti per diagnosi differenziale ma che gli specialisti pare attendano manifestarsi a breve.

Verifico con tristezza che l’atteggiamento degli specialisti consultati è tutto concentrato sulla somministrazione di farmaci, che sono poco disponibili al dialogo con gli ammalati e avari di informazioni su attività complementari utili che trovo da sola.

Infatti mentre vengo sottoposta a risonanze, dat scan, pet, scintigrafia miocardia, test cognitivi, etc. cerco di documentarmi leggendo libri sull’argomento tra cui cito quelli nei quali ho maggiormente ritrovato rispondenza con la mia esperienza: …Parkinson Muoversi per stare meglio, L’alba dentro l’imbrunire io e il parkinson una vita a metà e Le guarigioni del cervello.

Mi ha rattristato molto anche l’atteggiamento di familiari e amici che negano evidenza minimizzando sintomatologia o che pronunciano frasi infelici che fanno male per la loro superficialità e mancanza di empatia.

E’ pure stato gravoso l’esborso economico per la necessaria fisioterapia che è solo a pagamento in quanto il sistema consente solo un ciclo all’anno come pure ci si deve pagare la logopedia e la terapia occupazionale oltre a pagare servizi di aiuto domestico indispensabili per le limitazioni funzionali.

La qualità della mia vita è sicuramente precipitata perché ho dolori continui, sono frammentariato, sonnolenza diurna. Non riesco più a tagliare la carne, pelare frutta e verdura, scolare la pasta, stendere, stirare, nuotare, scrivere leggibile, allacciare i bottoni, infilarmi da sola giacche e cappotti.

Ho iniziato a parlare male con disfonia e il cibo mi va di traverso. Ho dovuto eliminare scarpe con tacco e acquistare solo quelle basse e con velcro, piumini solo con bottoni a pressione senza cerniera, e non vado più in vacanza perché le difficoltà sono troppe. Sono molto angosciata perché vedo continui peggioramenti, con la razionalità sono pessimista con il cuore cerco di illudermi che si trovi qualche farmaco innovativo che permetta una vita residua più dignitosa di quella che si prospetta con le conoscenze attuali. Per questo mi impegno nel cercare di fare varie attività complementari abbinate ai farmaci nella speranza di rallentare la progressione ma con un fondo di pessimismo.

Purtroppo non mi ritrovo per niente nelle testimonianze di chi dice la vita continua ugualmente bella, combattere per non darla vinta alla malattia e altre amenità del genere forse perché non ho un carattere ottimista e non ho l’aiuto della fede che hanno i credenti.

Fortunatamente, navigando in internet, scopro l’esistenza della splendida associazione parkinson APM con i cui vertici prendo contatto per iscrivermi ed inizio così a partecipare a molte delle attività proposte incontrando tante persone ammalate con cui mi confronto e sostengo, perché è facilissimo lasciarsi andare, chiudersi in casa, deprimersi: atteggiamenti che faciliterebbero la veloce progressione della malattia.