La malattia

Strutture sanitarie

 

L’Associazione non è legata a nessun Ente ospedaliero in particolare, ma collabora con i maggiori Istituti milanesi. APM Parkinson Lombardia é in contatto con le principali Strutture Sanitarie del territorio ed i relativi Ambulatori (presidi per la mobilità e presidi assistenziali) per la cura della malattia di Parkinson.

ISTITUTO NAZIONALE NEUROLOGICO CARLO BESTA

Via Celoria, 11 - 20133 Milano

Link: Prenotare visite ed esami - www.istituto-besta.it
Centralino: 02 266021
Segreteria: 02 23942552 (NO PRENOTAZIONI)

 

CASA DI CURA S. PIO X

Via Nava, 31 - 20159 Milano

Link: Prenotazioni - Humanitas San Pio X (humanitas-sanpiox.it)
Centralino: 02 69516000

 

AUXOLOGICO ITALIANO

Via Ludovico Ariosto 13 - 20144 Milano

Link: Centro Parkinson e Disturbi del Movimento - Lombardia | Auxologico
Centralino: 02 619112501
Prenotazioni online: Prenotazione Visite Mediche Online | Auxologico

 

OSPEDALE NIGUARDA CA' GRANDA

Piazza Ospedale Maggiore 3 - 20162 Milano

Link: Neurologia e Stroke Unit | STRUTTURE | ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda (ospedaleniguarda.it)
Centralino: 02 999599
Segreteria: 0264442348

 

OSPEDALE FATEBENEFRATELLI SACCO

Via G.B. Grassi 74 - 20157 Milano

Link: Unità Operativa Neurologia Sacco | ASST Fatebenefratelli Sacco | Reparti e Servizi | ASST FBF SACCO (asst-fbf-sacco.it)
Centralino: 02 999599
Segreteria: 02 39042459 – lunedì-venerdì: 8:30-12:30/14:00-15:30 

 

OSPEDALE MAGGIORE POLICLINICO

Via Francesco Sforza 35 - 20122 Milano

Link: Centro di riferimento per il morbo di Parkinson e le malattie extrapiramidali | Policlinico di Milano
Centralino: 02 999599
Neurologia Ambulatori: 02 55033835 – 3846
Prenotazione online: Prenotazioni | Policlinico di Milano

 

FONDAZIONE CENTRO SAN RAFFAELE DEL MONTE TABOR

Via Olgettina 60 - 20132 Milano

Link: Centro Parkinson, parkinsonismi e disturbi del movimento - San Raffaele
Centralino: 02 26432643
Numero verde: 800 848438

 

AZIENDA OSPEDALIERA GUIDO SALVINI

Viale Forlanini, 121.

Centralino: 02.994301

 

AUXOLOGICO SAN LUCA

Via Mercalli 32 - 20122 Milano (MI)

Centralino: 02 619112501
Prenotazione online: Prenotazione online | Auxologico

La malattia

 

Tutti conoscono la malattia di Parkinson. Pochi sanno cosa realmente sia.

parkinson1 James Parkinson , nel 1817, pubblicò un lavoro su uno studio a lungo termine di sei casi di quella che lui descrisse come "paralisi agitante". Questi soggetti soffrivano di una malattia caratterizzata da tremore, rigidità e acinesia. Quaranta anni dopo, Charcot, nel suo trattato "Leçons sur les maladies du système nervoux" descrisse di nuovo questa condizione clinica, chiamandola "morbo di Parkinson".

La malattia di Parkinson esordisce quasi sempre con disturbi dello stato clinico generale. L’eziologia della malattia rimane ignota, per cui non è stato ancora possibile identificare alcuna popolazione a rischio.

I sintomi iniziali non sono caratteristici e si manifestano soltanto gradualmente. La malattia comincia a manifestarsi clinicamente allorquando circa l'80% dei neuroni in questione non sono più funzionanti.

La malattia di Parkinson è un'affezione cronica neurodegenerativa, caratterizzata dalla progressiva degenerazione delle cellule dopaminergetiche. La carenza di dopamina che ne deriva provoca i suoi sintomi tipici: difficoltà motoria sempre più marcata, lentezza dei movimenti fino alla completa impossibilità di muoversi, rigidità muscolare, postura curva, tremore e calo del tono della voce. La malattia, in genere, non compromette le facoltà cognitive, ma comporta frequentemente l'instaurarsi di uno stato depressivo e di una facilità all'ansia riconducibile non solo alla coscienza di essere affetti da una malattia che penalizza i movimenti, ma anche alla carenza di dopamina responsabile del deficit motorio.

Il declino funzionale (poco equilibrio, qualche difficoltà nel pronunciare le parole (disartria), concentrazione e memoria che si riducono) è generalmente progressivo ed inarrestabile e porta a compromissione della partecipazione sociale fino ad una possibile perdita dell’autonomia.

La malattia, specie se si manifesta in età giovanile, fa perdere nel paziente la sicurezza di poter rispettare impegni e scadenze e limita la programmazione stessa della vita In ogni paziente il quadro clinico è diverso; ognuno ha “la sua propria malattia” di Parkinson.

In Italia, secondo le stime attendibili, i malati sono 250.000 ed il loro numero e' in costante crescita anche tra i giovani.

La malattia di Parkinson è la seconda più comune malattia neurodegenerativa.

Il Parkinson non è una malattia mortale di per sé, ma peggiora con il tempo; l'aspettativa di vita media di un paziente con il Parkinson è generalmente la stessa di una persona sana.

 

I Diritti

Nella Carta dell'EPDA (European Parkinson's Disease Association) dichiarata nel 1997 durante la prima giornata mondiale del Parkinson, si afferma che:

Le persone portatrici della Malattia di Parkinson hanno il diritto:

  1. di essere seguiti da un medico con una conoscenza specifica della malattia di Parkinson
  2. di ricevere una diagnosi accurata
  3. di aver accesso ai servizi di supporto
  4. di ricevere assistenza continua
  5. di essere parte attiva nella gestione della malattia

In caso di “malasanità” si può ricorrere al Tribunale dei diritti del malato che opera su tutto il territorio nazionale.
E' possibile ottenere informazioni, orientamento, consulenza ed assistenza, anche nella propria città o Regione, semplicemente rivolgendosi alle sedi del Tribunale per i diritti del malato o ai servizi PiT regionali e locali.

Dalla Fda quattro consigli utili per utilizzare i farmaci in sicurezza

“Occorre prestare attenzione in ogni età della vita e in maniera particolare dal sesto decennio in poi” ha spiegato la Food and Drug Administration. I cambiamenti fisici possono, infatti, influenzare il modo in cui i farmaci vengono metabolizzati dall’organismo, portando a potenziali complicazioni

Sono questi i 4 consigli utili per utilizzare i farmaci in sicurezza che la Food and Drug Administration (Fda) rivolge ai pazienti anziani. Perché: “Per utilizzare i farmaci in sicurezza occorre prestare attenzione in ogni età della vita e in maniera particolare dal sesto decennio in poi”.

Un’attenzione ai pazienti anziani legata a una pluralità di fattori, spiega l’Fda. Con l’invecchiamento, infatti, aumentano le probabilità di un ricorso, ad esempio, alle medicine complementari che possono aumentare il rischio di interazioni con i farmaci e di insorgenza di effetti avversi. Analogamente, anche i cambiamenti fisici possono influenzare il modo in cui i farmaci vengono metabolizzati dall’organismo, portando a potenziali complicazioni.

Ecco i quattro consigli dell’Fda:

1. Assumere il farmaco secondo la prescrizione e con input dal medico curante

Non è quindi possibile assumere farmaci senza una prescrizione, saltare le dosi o interrompere l’assunzione di farmaci senza aver prima consultato il proprio medico. Ciò vale, precisa il documento, anche se ci si sente meglio o se si pensa che il farmaco non stia avendo alcun effetto. In caso di reazioni avverse o se si nutrono dei dubbi è sempre fondamentale parlarne con il medico.

Il dosaggio per i farmaci si basa su studi clinici e sulle revisioni delle agenzie regolatorie. “Ogni medicinale è veramente diverso ed è dosato in base a ciò che è stato testato- ha aggiunto – e questo è uno dei motivi per cui non si deve mai modificare il dosaggio con il fai-da-te”.

2. Compilare un elenco dei farmaci

Tenere un elenco, una sorta di “registro” dei farmaci che si stanno assumendo e di tenerlo con sé, assicurandosi che sia aggiornato e includa tutte le modifiche apportate dal medico. Un consiglio aggiuntivo è di darne una copia ad un amico o a una persona di fiducia, una precauzione importante soprattutto in caso di emergenza e quando si viaggia.

L’elenco dovrebbe includere il nome del farmaco e quello del principio attivo. Si dovrebbe annotare il motivo per cui si sta assumendo ciascun farmaco, il dosaggio e i tempi di assunzione.

3. Essere consapevoli di potenziali interazioni farmacologiche e reazioni avverse

Il compito del paziente, sottolinea l’Fda, è di acquisire informazioni su possibili interazioni e potenziali reazioni avverse. È possibile farlo leggendo con attenzione le etichette di farmaci, anche quelli da banco, le informazioni che vengono fornite (attraverso il Foglio Illustrativo) con i farmaci da prescrizione e tutte le istruzioni speciali con l’aiuto del medico curante.

4. Revisione dei farmaci con il medico curante

Idealmente, conclude l’Fda, si dovrebbe poter discutere di farmaci dietro prescrizione, OTC e integratori alimentari con il proprio medico ad ogni visita. È importante farlo, secondo l’Fda, per confermare se i farmaci siano ancora necessari e se gli integratori siano appropriati, e per determinare se e di quali si possa interrompere l’assunzione.


07 ottobre 2016
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[ fonte ]

Storia del Parkinson

 

Se avesse firmato il suo lavoro più noto con lo pseudonimo utilizzato per i suoi articoli scritti come attivista politico, anche la malattia neurodegenerativa di cui per primo descrisse i sintomi si chiamerebbe morbo di Old Hubert, invece che di Parkinson.

 

MrParkinsonPrima ancora che un medico, infatti, James Parkinson (1755-1824) era stato un feroce critico del governo e un fervente sostenitore dei diritti del popolo nelle cause sociali, inneggiando per esempio al suffragio universale.
Eppure, più che ritrovarlo nei libri di storia, il suo nome campeggia nei
testi di medicina (e di geologia, a onor del vero).


James Parkinson era un medico, così come era stato prima di lui anche suo padre, da cui aveva ereditato lo studio in Hoxton Square, a Londra. Durante la sua carriera ebbe modo di studiare le malattie mentali, la gotta e l’appendicite (suo fu il primo caso noto della malattia e la descrizione della peritonite come causa di morte). Ma soprattutto, Parkinson identificò per primo i sintomi di una paralisi agitante, come la chiamava lui stesso, che illustrò nel libro An essay on the shaking Palsy del 1817.

 

Quello che il medico londinese aveva potuto capire della malattia (sommariamente descritta già nel 175 dopo Cristo dal medico Galeno) era frutto dell’osservazione di un piccolo campione di persone, sei in tutto. Alcuni erano suoi pazienti, altri erano semplicemente persone che frequentavano il suo quartiere e che dunque aveva modo di incontrare più volte. In realtà solo uno di loro era stato visitato da Parkinson, abbastanza però da permettergli di descrivere nel dettaglio i sintomi tipici della malattia: tremore, lentezza nei movimenti, perdita di forza muscolare.

 

Malgrado il primato, però, il lavoro di Parkinson rimase sconosciuto a lungo. Venne riscoperto molto dopo la sua morte, avvenuta il 21 dicembre 1824, con Jean Martin Charcot, il medico francese che alla fine del Diciannovesimo secolo si riferì alla patologia descritta dal collega inglese come a “la maladie de Parkinson“, aggiungendo tra i sintomi caratteristici anche la rigidità muscolare. Solo intorno agli anni Sessanta del secolo scorso, però, gli scienziati riuscirono a collegare le anomalie riscontrate nei pazienti a un deficit nella produzione di dopamina (un neurotrasmettitore) a livello cerebrale.


Se oggi Parkinson è famoso come il medico che ha prestato il nome alla malattia neurodegenerativa, i suoi contemporanei lo conoscevano soprattutto come geologo. Da sempre, accanto alla professione di dottore, aveva infatti coltivato l’hobby di collezionare fossili, alla ricerca di testimoni del mondo passato, cercando di coinvolgere nella sua passione anche i figli e gli amici. Divenuto un esperto del settore, contribuì alla nascita della British Geological Society e mise per iscritto i suoi studi sui fossili (famosi sono i volumi della serie Organic Remains of a Former World). Così bravo e appassionato che, in suo onore, porta il suo nome anche un ammonite (un mollusco ormai estinto): la Parkinsonia parkinsoni.


Da un articolo di WIRED.IT


http://parkinsonitalia.wordpress.com/2011/12/23/187-anni-fa-moriva-james-parkinson-attivista-politico-geologo-e-anche-medico/

 

Se avesse firmato il suo lavoro più noto con lo pseudonimo utilizzato per i suoi articoli scritti come attivista politico, anche la malattia neurodegenerativa di cui per primo descrisse i sintomi si chiamerebbe morbo di Old Hubert, invece che di Parkinson. Prima ancora che un medico, infatti, James Parkinson (1755-1824) era stato un feroce critico del governo e un fervente sostenitore dei diritti del popolo nelle cause sociali, inneggiando per esempio al suffragio universale. Eppure, più che ritrovarlo nei libri di storia, il suo nome campeggia nei testi di medicina (e di geologia, a onor del vero).
James Parkinson era un medico, così come era stato prima di lui anche suo padre, da cui aveva ereditato lo studio in Hoxton Square, a Londra. Durante la sua carriera ebbe modo di studiare le malattie mentali, la gotta e l’appendicite (suo fu il primo caso noto della malattia e la descrizione della peritonite come causa di morte). Ma soprattutto, Parkinson identificò per primo i sintomi di una paralisi agitante, come la chiamava lui stesso, che illustrò nel libro An essay on the shaking Palsy del 1817.
Quello che il medico londinese aveva potuto capire della malattia (sommariamente descritta già nel 175 dopo Cristo dal medico Galeno) era frutto dell’osservazione di un piccolo campione di persone, sei in tutto. Alcuni erano suoi pazienti, altri erano semplicemente persone che frequentavano il suo quartiere e che dunque aveva modo di incontrare più volte. In realtà solo uno di loro era stato visitato da Parkinson, abbastanza però da permettergli di descrivere nel dettaglio i sintomi tipici della malattia: tremore, lentezza nei movimenti, perdita di forza muscolare.
Malgrado il primato, però, il lavoro di Parkinson rimase sconosciuto a lungo. Venne riscoperto molto dopo la sua morte, avvenuta il 21 dicembre 1824, con Jean Martin Charcot, il medico francese che alla fine del Diciannovesimo secolo si riferì alla patologia descritta dal collega inglese come a “la maladie de Parkinson“, aggiungendo tra i sintomi caratteristici anche la rigidità muscolare. Solo intorno agli anni Sessanta del secolo scorso, però, gli scienziati riuscirono a collegare le anomalie riscontrate nei pazienti a un deficit nella produzione di dopamina (un neurotrasmettitore) a livello cerebrale.
Se oggi Parkinson è famoso come il medico che ha prestato il nome alla malattia neurodegenerativa, i suoi contemporanei lo conoscevano soprattutto come geologo. Da sempre, accanto alla professione di dottore, aveva infatti coltivato l’hobby di collezionare fossili, alla ricerca di testimoni del mondo passato, cercando di coinvolgere nella sua passione anche i figli e gli amici. Divenuto un esperto del settore, contribuì alla nascita della British Geological Society e mise per iscritto i suoi studi sui fossili (famosi sono i volumi della serie Organic Remains of a Former World). Così bravo e appassionato che, in suo onore, porta il suo nome anche un ammonite (un mollusco ormai estinto): la Parkinsonia parkinsoni.
Da un articolo di WIRED.IT
http://daily.wired.it/news/scienza/2011/12/21/morbo-di-parkinson-geologo-fossili-16793.html
http://parkinsonitalia.wordpress.com/2011/12/23/187-anni-fa-moriva-james-parkinson-attivista-politico-geologo-e-anche-medico/

Terapia

 

La terapia della malattia di Parkinson si avvale fondamentalmente di tre tipi di approccio: farmacologico, riabilitativo, neurochirurgico.

parkinson2Non esistono terapie risolutive.

Al giorno d'oggi esistono numerosi tipi di farmaco che permettono di trattare la malattia in maniera efficace. La Levodopa rimane il “Gold Standard” nella terapia, essendo la sostanza più potente oggi a disposizione.

Di norma la terapia farmacologica viene avviata lentamente e a piccole dosi, poiché non tutti i pazienti denotano la stessa reazione a un determinato medicamento.

 

Una terapia farmacologica efficace è il risultato di una collaborazione intensa fra medico e paziente.

Alcuni farmaci possono causare, in taluni pazienti, disturbi indotti:

  • allucinazioni visive e/o uditive
  • ipotensione ortostatica, ossia brusca riduzione della pressione arteriosa al passaggio dalla posizione supina a quella in piedi
  • ipersalivazione (scialorrea)
  • non corretta deglutizione (disfagia)
  • difficoltà nell’articolare le parole (disartria)
  • disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento o frammentazione del sonno con frequenti risvegli, emettere urla, fare movimenti bruschi, tirare pugni e calci, sonniloquio)
  • disturbi urinari con necessità di urinare diverse volte per notte (nicturia) e urgenze minzionali
  • ipersessualità, pornografia
  • disturbi nel controllo degli impulsi DOC (gioco d’azzardo e/o shopping patologici)
  • piedi “incollati” al suolo (freezing o acinesia paradossa)
  • movimenti anomali ed involontari (discinesie).

Per evitare ciò che spesso accade che ogni specialista veda solo il “proprio ambito”, è auspicabile si crei una “rete virtuale” fra le diverse professioni apparentemente fra loro distanti, per far emergere le così dette “professionalità alleate” (urologo, psichiatra, logopedista, dietologo, ecc.) che affiancano il neurologo nella cura della malattia (multidisciplinarietà della cura).

La malattia del Parkinson costringe pazienti e familiari a convivere con gli effetti invalidanti di una malattia cronica che toglie progressivamente autonomia a chi ne è colpito. Al fine di migliorare la qualità della vita si è evidenziata la necessità di integrare l’utilizzo del farmaco con la terapia fisica. Studi clinici hanno dimostrato come l’esercizio fisico favorisca l’ossigenazione cerebrale e la capacità del cervello di auto-ripararsi quando è lesionato.

L' AFA (Attività Fisica Adattata) è da molti anni consigliata come terapia irrinunciabile per i pazienti di Parkinson.

L’intervento non farmacologico (sono le dette terapie complementari) rappresenta un elemento fondamentale nel trattamento dei pazienti con malattia di Parkinson.

I principali obiettivi della rieducazione motoria sono:

  • supplire gli automatismi motori deficitari
  • ricercare una autonomia articolare
  • rieducare la respirazione
  • rieducare il linguaggio
  • correggere posture viziate.

Terapia tangoLa conoscenza della malattia e del suo decorso risulta il punto di partenza per la gestione e l’accettazione della stessa. Inoltre è da evitare l’isolamento sociale dell’individuo. Mantenersi attivi, proseguire nella propria attività intellettuale e lavorativa, stimolati nel coltivare interessi (hobby) compatibili con la propria condizione psicomotoria, sono tutti fattori positivi che aiutano a convivere con la malattia di Parkinson.

L’abbandono delle attività ricreative e sociali trasformano il “paziente” in “malato”.

 

Oggi sono molte le attività a disposizione dei pazienti e della cui efficacia esistono evidenze e segnalazioni. In fase iniziale della malattia è utile intraprendere attività come Yoga, Tai Chi Chuan, (antica disciplina imperniata sul movimento, la postura, il rilassamento), Musicoterapia, Biodanza, esercizi di stectching (manovre di “stiramento”), Pilates, tecnica Alexandre Lowen (BioEnergetica può insegnare a diventare più vivi, più vitali e a sentirlo), Feldenkrais, Museoterapia. Terapie molto spesso di gruppo che favoriscono la socializzazione.

 

In particolare la musica rappresenta lo stimolo ideale per suscitare risposte motorie e cognitive adeguate al programma riabilitativo. Infatti questo tipo di riabilitazione agisce in modo globale sulla persona, migliorando non solo la funzione motoria ma anche la sfera emozionale (in particolare piacere ed esperienza sensoriale) ed in ultima analisi migliora la qualità di vita, che possiamo definirla come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente di assenza di malattia o infermità (a state of complete physical, mental and social well-being, and not merely the absence of disease. OMS, 1946).

 

Queste terapie non farmacologiche contribuiscono a mantenere la plasticità neuronale. Il trattamento non farmacologico ha lo scopo di migliorare la qualità della vita, ridurre i disturbi comportamentali ed aumentare le performance nelle attività funzionali.

 

Diagnosi

 

Medico diagnosiLa diagnosi della malattia di Parkinson idiopatica (cioè senza una causa precisa) è tuttora puramente clinica. Poco si sa sulle cause della malattia, per cui è impossibile mettere a punto un trattamento capace di curare il male portandolo alla guarigione.

Non esistono esami di laboratorio o procedure diagnostiche per immagini che permettano di confermare o escludere con sicurezza la diagnosi. Si fa ricorso ad esami onerosi quali TAC, RMN, PET o SPECT (DatScan) solo in casi eccezionali o se la diagnosi è incerta. La diagnosi clinica, nella maggior parte dei casi, si basa su una accurata visita neurologica.

Una guida empirica per diagnosticare il Parkinson, con dieci anni d’anticipo, pone l’attenzione su 10 sintomi premonitori per segnalano la presenza della malattia in fase iniziale.

Per diagnosticare la malattia di Parkinson è necessario che il paziente presenti almeno due dei quattro sintomi cardinali:

  • tremore a riposo; solo la metà dei pazienti trema
  • rigidità muscolare (distonia), con crampi al mattino
  • impaccio, lentezza nei movimenti riduzione del movimento di accompagnamento delle braccia: bradicinesia (ossia “tempo di reazione”, inteso come intervallo tra la programmazione del movimento e la sua esecuzione più lungo dei soggetti normali) oppure acinesia (povertà nei movimenti)
  • instabilità posturale (difficoltà a stare in piedi). Il paziente marcia a piccoli passi, striscia i piedi e tende a camminare con il tronco piegato in avanti. Uno di questi dovrebbe sempre essere la bradicinesia.

Tali disturbi si presentano, di solito, in un lato del corpo rimanendo omolaterali per molti anni.

Contemporaneamente, oppure con il passare del tempo, nella fase avanzata della malattia, si possono manifestare altri sintomi, di carattere non motori:

  • stitichezza (stipsi)
  • immobilità statuaria del viso, riduzione dell’espressività facciale (facies figee) (ipomimia)
  • controllo dell’equilibrio che può provocare cadute (instabilità postuale)
  • disturbi gastrointestinali
  • eccesso di secrezione sudorale e sebacea, pelle untuosa particolarmente della fronte (seborrea)
  • ridotta sensibilità olfattiva (iposmia)
  • disturbi cardiocircolatori
  • problemi psichici (depressioni e umore depresso). La depressione è una patologia dell’umore caratterizzata da un insieme di sintomi cognitivi, comportamentali, somatici ed affettivi
  • disturbi ideativi, ossia convinzioni irrazionali (temere che qualcuno ci stia spiando) o deliri di persecuzione, di gelosia
  • riduzione della sessualità
  • difficoltà di concentrazione e memoria, lentezza nell’elaborazione del pensiero (bradifrenia)
  • modificazione della calligrafia; scrivere in caratteri molto piccoli (micrografia)
  • timbro e tono della voce eccessivamente bassi parole “biascicate” (ipofonia)